sabato 5 aprile 2008

Il dono della "Parresìa"

Riproponiamo a distanza di qualche anno, un editoriale pubblicato sul "Parrasuni" del 10 marzo 2002.
Il motivo è che a distanza di 6 anni, il suo significato appare, oltremodo attuale, laddove a Sant 'Andrea c' è ancora qualcuno che crede che non parlare e non prendere posizioni pubbliche e nette sui fatti, sia un modo eticamente accettabile per occuparsi della "cosa pubblica" semplicemente " fottendosene"...e laddove soprattutto e purtroppo, larga parte
dell' opinione pubblica paesana sembra ritenere ormai normale ed accettabile ciò che altrove susciterebbe sdegno e indignazione.
Segno preoccupante questo, di una sorta di acritico allineamento ed assuefazione, alla pochezza intellettuale ed etica altrui....Buona lettura.

"Parresìa" è un termine greco antico che indica in generale la loquacità e, più in paricolare, la libertà di parola, la franchezza, l' imparzialità di discorso e di giudizio.
Dal greco questo vocabolo è passato anche nel nostro dialetto, dove suona " parrasìa", "parrarizzu", " parrasuni".
"Che cos' è la parresìa ?" - ha scritto in una celebre lettera don Tonino Bello, vescovo di Molfetta- " E' il parlar chiaro, senza paura di fronte alle minacce del potere...con tutta franchezza e senza impedimento, come recita il versetto finale degli Atti degli Apostoli.
Senza peli sulla lingua.
Senza sfumare per paura di quieto vivere.
Senza mettere la sordina alla forza della verità.
Senza decurtare la parola per non recare dispiacere a qualcuno.
Senza ambiguità dettate da prudenze carnali.
Senza le furbizie escogitate dalla preoccupazione di salvare la pelle.
Senza gli stratagemmi del defilarsi per paura di compromettersi troppo.
Ecco noi oggi dovremmo chiedere al Signore la grazia della parresìa.
Perchè tutti gli uomini che amano la verità non interrompano con i loro pretestuosi silenzi, gli esiti della giustizia.
Perchè non vestano di apparente virtù il loro pavido tacere.
Perchè comprendano come certo silenzio consolida quelle sotterranee strutture di peccato che avviliscono la storia e rallentano il cammino della pace.
C' è un tempo per tacere e un tempo per parlare.
E voglia il celo che tutti ci persuadiamo di questa verità: che delle nostre parole dobbiamo rendere conto davanti al tribunale della storia, ma dei nostri silenzi dobbiamo rendere conto al tribunale di Dio."

Quanto bisogno c' è oggi nel nostro paese, in concreto, di parresìa..?
Quanto bisogno di liberarsi da certe paure, di prendre coscienza che si può e si deve esprimere liberamente la propria opinione, qualunque essa sia, nella certezza che non si subiranno
" ritorsioni ".
Quanto di comprendere che la parola non deve essere il luogo dell' artificio e dell' inganno, ma lo strumento che amministra e negozia i conflitti..? Di capire che la pace autentica non si costruisce sul silenzio e sull' assenza di dibattito anche aspro se necessario, ma su una comune ricerca di giustizia?
La risposta riguarda tutti ed è, già adesso, sotto gli occhi di tutti.

1 commento:

Manu ha detto...

Caro Luca, in un paese "silenzioso" come il nostro, se è vero che il silenzio è d'oro, dovrebbero essere tutti miliardari!
Dov'è dunque la convenienza nell'abbassare la testa?! A che serve tutto sto fottutissimo silenzio?!